Locazioni commerciali nel post- Covid
Niente sfratto se la morosità è conseguenza esclusiva delle restrizioni imposte dalla normativa d’emergenza.
Con ordinanza n. 5480 del 28.7.2020, il Tribunale di Venezia non ha convalidato lo sfratto per morosità intimato dal locatore (titolare di un immobile ad uso commerciale), a causa dell’impossibilità parziale di fare fronte al pagamento dei canoni di locazione da parte della società conduttrice (dedita ad attività di ristorazione), e ciò in ragione delle restrizioni imposte dalla normativa sanitaria emessa a causa della pandemia da Covid19.
Secondo il Tribunale di Venezia, la limitazione dell’attività commerciale intercorsa nel periodo da marzo 2020 a maggio 2020 può integrare, nel caso in esame, una fattispecie di “impossibilità parziale temporanea” di godimento dell’immobile ex art. 1256, comma 2, C.C.
Ciò non integrerebbe quindi un’impossibilità assoluta ex art. 1256, comma 1, C.C.
“che giustifica nei contratti a prestazioni corrispettive o la riduzione della controprestazione o il recesso (cfr. artt. 1256, 1258 e 1464 c.c.)”.
Il Tribunale, infatti, a giustificazione di quanto sopra, ha ritenuto che nel periodo da marzo 2020 l’unità immobiliare oggetto di locazione – seppur non utilizzata a fini commerciali da parte della società conduttrice – è rimasta comunque nella disponibilità di quest’ultima, tant’è che l’immobile è stato “indirettamente” utilizzato per il ricovero delle attrezzature e delle materie prime relative all’attività di ristorazione esercitata dalla conduttrice.
Per tali motivi, il Tribunale – accertato che la morosità si riferiva esclusivamente a mensilità nelle quali la società conduttrice non aveva potuto esercitare nei locali l’attività commerciale (se non in maniera ridotta) – anche alla luce di quanto previsto dall’art. 91 del D.L. n. 18/2020 (c.d. Cura Italia), ha invitato le parti a comporre la vertenza nel contesto del procedimento di mediazione obbligatoria ex art. 5 D.Lgs. n. 28/2010.