IN QUARANTENA DOPO LE VACANZE, SCATTA IL LICENZIAMENTO

(TRIBUNALE DI TRENTO, ORDINANZA 21 GENNAIO 2021)

Il Tribunale di Trento, con l’ordinanza n. 496 del 21 gennaio 2021, si è occupato di un caso che, nell’attuale situazione emergenziale, ha suscitato grande scalpore.

Nei fatti, una lavoratrice, al rientro dalle vacanze estive passate in Albania, è stata licenziata per giusta causa dal proprio datore di lavoro, in conseguenza dell’impossibilità di rientrare a lavoro concluse le ferie.

Ciò, a causa del periodo di quarantena imposto dalla vigente disciplina emergenziale per chi rientra dall’estero.

Con il provvedimento, il Tribunale di Trento rigettava l’impugnativa del licenziamento e confermava la legittimità della scelta del datore di lavoro.

Come anticipato, la questione ha trascinato con sé un ampio dibattito in merito al necessario bilanciamento tra esigenze del lavoratore ed esigenze del datore di lavoro, soprattutto in relazione all’attuale emergenza sanitaria.

Invero, una minuziosa disamina della pronuncia permette di escludere fermamente qualunque celato tentativo di sminuire la portata e il rango primario del diritto di ogni singolo lavoratore a godere delle ferie.

Tuttavia, tale diritto, ad oggi, trova il suo limite proprio nella eccezionalità del periodo storico in cui ci troviamo.

É evidente, allora, che la riflessione sul caso di specie non può in alcun modo prescindere da una serie di considerazioni in cui si intersecano:

  • il diritto costituzionale alle ferie (Costituzione, art. 36)
  • l’attuale disciplina emergenziale per il contrasto al Covid-19
  • il rapporto tra da datore di lavoro e lavoratore.

Con riguardo a quest’ultimo, trattasi di un rapporto di natura fiduciaria, saldamente ancorato al principio di buona fede ex art. 1375 c.c.

Buona fede che, peraltro, impone ad entrambe le parti di adempiere alla prestazione prevista da contratto dovendo necessariamente contemperare le contrapposte esigenze.
Ciò comporta che il datore di lavoro è tenuto a mettere il lavoratore nelle condizioni di poter godere delle ferie maturate, ma quest’ultimo, d’altro canto, deve esercitare ogni suo diritto in considerazione delle necessità aziendali.

Nel caso di specie, il Tribunale di Trento ha deciso di confermare la legittimità del licenziamento, poiché la lavoratrice si sarebbe posta:

colpevolmente nella necessità di rimanere assente dal lavoro per 14 giorni”.

La lavoratrice, infatti, avrebbe deciso di trascorrere il proprio periodo di ferie all’estero, nonostante le restrizioni per il contenimento del virus, ignorando deliberatamente ogni misura precauzionale.

In altre parole, la lavoratrice si è posta, per sua scelta consapevole, nella condizione di non rientrare a lavoro al termine del periodo di ferie.

La conclusione a cui giunge il giudice di merito parte dal presupposto che ignoratia legis non excusat: quindi, soprattutto alla luce dello stato attuale delle cose, la condotta della lavoratrice non può che configurare una:

grave violazione dell’obbligo di correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro”.

La giusta causa del licenziamento è da rinvenirsi proprio nella consapevolezza della scelta della dipendente, la quale non può in alcun modo pregiudicare le esigenze dell’imprenditore o arrecare danni all’organizzazione aziendale.

L’idea del Tribunale di Trento è che il lavoratore deve godere delle proprie ferie senza arrecare alcun nocumento al datore di lavoro e quindi, in primis, rispettando il termine per il rientro sul posto di lavoro.

Di conseguenza, il licenziamento si sarebbe potuto considerare illegittimo solo ove la lavoratrice si fosse organizzata in modo tale da far rientrare il periodo di quarantena nel periodo feriale, senza determinare un prolungamento ingiustificato dell’assenza.

In conclusione, è evidente come il giudice di merito, nel bilanciamento delle contrapposte esigenze, abbia fatto prevalere quella del datore di lavoro.

Infatti, la scelta consapevole del lavoratore di esporsi all’applicazione di un periodo di quarantena obbligatorio non può pregiudicare il regolare svolgimento dell’attività produttiva.

L’interesse aziendale, qui, prevale su quello del singolo, in considerazione del “sacrificio di numerosi diritti della personalità” a cui tutta la popolazione si trova oggi esposta.
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