Il cosiddetto ”superminimo”
L’eccedenza retributiva rispetto ai minimi tabellari pattuita tra lavoratore e datore di lavoro è soggetta al principio dell’assorbimento. Casi di esclusione assorbibilità (Ordinanza n. 10779 del 5 giugno 2020 della Corte di Cassazione)
Con l’ordinanza n. 10779 del 5 giugno 2020 la Corte di Cassazione si è pronunicata nuovamente in merito alla questione del cosiddetto “superminimo“, ossia l’eccedenza retributiva rispetto ai minimi tabellari individualmente pattuita tra lavoratore e datore di lavoro.
La Corte si è allineata al proprio precedente orientamento secondo cui il cosiddetto superminimo è assorbito dai miglioramenti retributivi previsti per il rinnovo del contratto collettivo o per il riconoscimento di una qualifica superiore:
a meno che le parti o la contrattazione collettiva abbiano convenuto diversamente o nel caso in cui il compenso sia strettamente collegato a particolari meriti o alla speciale qualità o onerosità delle mansioni svolte dal lavoratore.
La Corte di Cassazione, al fine di ricostruire la volontà negoziale con riferimento alla non assorbibilità del superminimo, ritiene che deve essere valutato:
“il comportamento delle parti anche successivo alla conclusione del patto relativotanto che questa Corte ha confermato, ad esempio, la decisione di merito che aveva desunto la volontà delle parti di considerare il superminímo non assorbibile dal fatto che esso era rimasto inalterato nei tempo, nonostante gli incrementi retributivi intervenuti nel corso del rapporto di lavoro in occasione dei rinnovi contrattuali (v. Cass. n. 14689 del 2012, che richiama Cass. n. 1899 del 1994)”.
Sulla base di quanto precede, la Suprema Corte conferma la sentenza della Corte territoriale in quanto “pienamente consapevole dei principi di diritto innanzi espressi”.
La Corte d’Appello, infatti, aveva ricostruito la volontà negoziale delle parti, manifestata anche mediante i comportamenti reiterati del datore di lavoro successivi alla pattuizione dell’emolumento «ritenuti concludenti nel senso dell’esclusione dell’assorbibilità del superminimo».
In particolare, la Corte d’Appello qualificava:
“la protrazione nel tempo della condotta aziendale di sottrazione del superminimo agli aumenti tabellari fissati dal contratto collettivo” nonché “il mancato assorbimento del compenso in occasione della progressione professionale con cambio di livello e anche di retribuzione” dei due dipendenti interessati, come comportamenti concludenti nel senso dell’esclusione dell’assorbibilità del superminimo.